DIGITAL CHECK ONLINE
Area Riservata

Categoria: Corte di Cassazione

Va sanzionato il comportamento di chi non fornisce le informazioni richieste dal Garante Privacy

Con l’ordinanza adottata nel caso di specie,  la Corte ha evidenziato che è deve essere sanzionata la condotta di chi non collabora con il Garante per la protezione dei dati personali in caso di richiesta di informazioni da parte di quest’ultimo. La Corte ha anche evidenziato che la necessità di collaborare con l’Autorità ha la finalità di consentire al Garante di acquisire il più rapidamente possibili le informazioni utili a salvaguardare la riservatezza degli interessati.

Corte di Cassazione, sezione civile, ordinanza n. 15332/2018

Il computer in dotazione al dipendente può essere soggetto a controllo

Con l’ordinanza n. 13266/18,  la Cassazione ha confermato che devono essere considerate ammissibili le verifiche effettuate tramite il tracciamento informatico se dirette ad accertare comportamenti illeciti del dipendente che abbiano un effetto lesivo sul patrimonio aziendale e sull’immagine dell’impresa. Ne consegue, ad avviso della Corte, che i dati raccolti in un’indagine sull’utilizzo del computer da parte del dipendente possono essere validamente posti a fondamento di un licenziamento disciplinare.

Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ordinanza 28 maggio 2018 n. 13266

La copia cartacea dello screenshot ha valore di prova

Con questa pronuncia la Corte di Cassazione ha definito utilizzabile e attendibile la copia delle schermate di un sito internet su cui erano stati pubblicati degli articoli a contenuto diffamatorio. A supporto della propria decisione la Corte ha affermato che l’estrazione di dati archiviati su un supporto informatico non costituisce un accertamento tecnico irripetibile.

Corte di Cassazione, sezione penale V, sentenza n. 8736

I programmi informatici creati dal dipendente – anche al di fuori dell’orario di lavoro – non possono portare ad un ingiustificato arricchimento dell’ente

La Corte di Cassazione, nel caso specifico, ha affrontato il tema di un possibile ingiustificato arricchimento dell’ente a seguito della creazione di specifico software da parte di un dipendente. La Suprema Corte ha evidenziato che il principio generale per l’attribuzione del diritto di autore e quello dello sfruttamento economico della creazione di programmi informatici è mitigato dall’attribuzione al datore di lavoro del diritto di utilizzazione esclusiva del programma o della banca dati a condizione che l’opera sia riferibile all’esercizio delle mansioni del dipendente o sia stata creata a seguito di istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro.

Corte di Cassazione, Sezione Civile, Sentenza n. 8694/ 2018

Firma digitale: i formati Cades (.p7m) e Pades (.pdf) sono equivalenti

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate su una questione molto discussa negli ultimi mesi. In particolare, la Corte ha enunciato il principio di diritto per cui – secondo il diritto dell’UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno – le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni <*.p7m> e <*.pdf>. Di conseguenza, devono essere riconosciute entrambe valide ed efficaci, anche nel processo civile, senza eccezione alcuna.

Corte di Cassazione, Sezioni unite, sentenza n. 10266/2018

Nulla la notifica via PEC se manca l’attestazione di conformità

La Sesta sezione Corte di Cassazione ha affermato che, nel caso in cui  la sentenza impugnata è stata notificata a mezzo PEC e il ricorrente ha depositato solo una copia analogica del provvedimento impugnato e della relata effettuata per posta elettronica, il ricorso è da ritenersi improcedibile perché non è soddisfatto l’onere di deposito della relata di notifica.

Corte di Cassazione, Sez. VI civile, ordinanza n. 5588/2018

Le e-mail hanno valore di prova solo se sottoscritte con firme elettroniche “forti”

Le email hanno valore probatorio solo se debitamente sottoscritte: lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5523/2018 su un procedimento relativo a licenziamento per giusta causa. Nella pronuncia la Corte ha chiarito che il messaggio di posta elettronica è riconducibile alla categoria dei documenti informatici, ma per quanto riguarda l’efficacia probatoria dei documenti informatici, la normativa attribuisce l’efficacia della scrittura privata (prevista dall’articolo 2702 del cod. civ.) solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. Al contrario è liberamente valutabile dal giudice l’idoneità di ogni diverso documento informatico (come l’e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile,  sentenza n. 5523/2018

Diffamazione attraverso Facebook: la sentenza è nulla se non è accertato l’indirizzo IP

Con la sentenza 5532/2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata, accogliendolo, sul ricorso di un imputato condannato per diffamazione di un pubblico ufficiale in virtù un messaggio diffuso su Facebook. L’imputato, in particolare, tra i motivi dell’impugnazione segnalava l’assenza della  verifica da parte dell’autorità giudiziaria dell’indirizzo Ip di provenienza. Nella pronuncia la Corte ha valutato se, quindi, sia stato rispettato il criterio legale di valutazione della prova. Secondo l’orientamento che emerge, per la condanna non è sufficiente attribuire rilievo alla provenienza del post da un profilo Facebook intestato all’imputato, e agli elementi di conflitto tra lo stesso e il pubblico ufficiale. Il mancato accertamento dell’indirizzo IP non consente di procedere con il massimo grado di certezza possibile all’attribuzione della responsabilità; sarebbe infatti anche possibile, sottolinea la Corte, un utilizzo abusivo del nickname dell’accusato. Si tratta di una pronuncia interessante anche con riferimento alla responsabilità per le condotte relative all’uso dei servizi on line delle pubbliche amministrazioni.

Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 5, sentenza 5352/2018

Sms, Whatsapp, posta elettronica: i messaggi sono documenti, non corrispondenza

I dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare) hanno natura di documenti. Pertanto, la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche.

Corte di Cassazione, Sez. V penale, sentenza n. 1822 / 2018

Ricorso improcedibile se manca attestazione della copia cartacea della relata telematica

La Suprema Corte ha stabilito che – ai fini della prova della notificazione in via telematica – occorre che siano prodotti anche (in copia cartacea) il messaggio di trasmissione a mezzo PEC e le ricevute di avvenuta consegna e di accettazione.
Nel caso di specie, la notifica della sentenza impugnata era stata eseguita a mezzo PEC e mancava l’attestazione di conformità della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna del messaggio.
Secondo la Corte, la mancata produzione della relata di notifica della sentenza impugnata – pur in presenza di copia conforme della sentenza – determina l’improcedibilità del ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 30480/17

Corte di Cassazione, Sezione III Penale, sentenza n. 54141/ 2017

1 2 3