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Diffamazione attraverso Facebook: la sentenza è nulla se non è accertato l’indirizzo IP

Con la sentenza 5532/2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata, accogliendolo, sul ricorso di un imputato condannato per diffamazione di un pubblico ufficiale in virtù un messaggio diffuso su Facebook. L’imputato, in particolare, tra i motivi dell’impugnazione segnalava l’assenza della  verifica da parte dell’autorità giudiziaria dell’indirizzo Ip di provenienza. Nella pronuncia la Corte ha valutato se, quindi, sia stato rispettato il criterio legale di valutazione della prova. Secondo l’orientamento che emerge, per la condanna non è sufficiente attribuire rilievo alla provenienza del post da un profilo Facebook intestato all’imputato, e agli elementi di conflitto tra lo stesso e il pubblico ufficiale. Il mancato accertamento dell’indirizzo IP non consente di procedere con il massimo grado di certezza possibile all’attribuzione della responsabilità; sarebbe infatti anche possibile, sottolinea la Corte, un utilizzo abusivo del nickname dell’accusato. Si tratta di una pronuncia interessante anche con riferimento alla responsabilità per le condotte relative all’uso dei servizi on line delle pubbliche amministrazioni.

Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 5, sentenza 5352/2018